Facebook Crackdown

Facebook annuncia la propria decisione di controllare i contenuti riguardanti la campagna elettorale sulle presidenziali statunitensi che si terranno a novembre.
In particolare, non ammetterà alcun contenuto riguardante l’invito all’astensione, motivando la decisione con il rischio di disordini legati all’esito delle elezioni stesse. Segno questo di voler silenziare tutta una serie di gruppi e soggetti che non hanno trovato, o non vogliono avere, alcun posto all’interno del sistema istituzionale statunitense.
La mobilitazione di determinati strati di popolazione statunitense va avanti ormai da più di tre mesi, alimentata dalle continue brutalità poliziesche che periodicamente vengono allo scoperto e da una situazione interna che tra pandemia e recessione economica è sempre più fuori controllo. Più di 40 milioni di statunitensi potrebbero perdere la propria casa a causa degli sfratti, circa 20 milioni e mezzo di persone hanno perso il lavoro durante le prime fasi della pandemia, mentre i contagi sono in aumento ovunque.
Beninteso, solo i casi di brutalità più eclatanti riescono a bucare la bolla mediatica, mentre il resto viene pesantemente filtrato dal mainstream internazionale e dal mainstream di altri paesi (l’Italia non fa eccezione).
È chiaro che il controllo sull’informazione è un riflesso della preoccupazione delle classi dirigenti statunitensi, poco importa che esse siano repubblicane o democratiche, riguardo il fatto che il sistema possa non tenere. La borghesia statunitense è seriamente preoccupata e sta facendo fronte comune di fronte alla minaccia di una guerra civile generalizzata che vede le élite da una parte e la working class e le mezze classi proletarizzate dall’altra.
Nella sua accezione più pura, quella del serrarsi in un blocco unico delle classi dominanti solitamente in conflitto e che ora temono il nemico interno, quella a cui stiamo assistendo è una manifestazione svelata di fascismo.
Come diceva Luigi Fabbri ne “La controrivoluzione preventiva”:
La minaccia proletaria ha fuso in blocco la classe dirigente, di cui il fascismo costituisce oggi una specie di milizia ed un centro di raccoglimento. E classe dirigente non è soltanto la borghesia nel senso stretto della parola: in essa van comprese e ne formano le categorie più retrive, tutte le caste che vivono parassitariamente attorno l’albero dello Stato o formano le ramificazioni di que­sto: i fornitori del governo e le industrie protette, la polizia oggi divenuta mastodontica, l’alta burocrazia e la magistratura, tutte più o meno tendenzialmente fasciste. Vi si aggiunga la borghesia terriera, retriva per sua natura e tradizione, messa con le spalle al muro dalle pretese crescenti dei contadini, cui a lungo andare non potrebbe far fronte se non rinunciando ad ogni profitto, vale a dire al privilegio stesso della proprietà.
Attorno la classe dirigente propriamente detta si sono strette inoltre anche classi, o sottoclassi e categorie, cui lo stato attuale di cose non promette in realtà nulla di buono, ma che per la loro falsa mentalità si illudono di vivere, o poter vivere in seguito, per mezzo dello Stato o in grazia del privilegio altrui, meglio degli operai: la borghesia minuta, molti impiegati ed insegnanti, certe specie di professionisti, e via dicendo. Ingrossano la schiera di costoro tutti i disoccupati della politica e i mestieranti del gior­nalismo, resi spostati dallo sparire dei partiti medi democratici, radicali, ecc. irritati verso la classe operaia, che non vuol saperne di loro e dei loro ciarlataneschi toccasana per tutti i mali.
” (pagg. 31-32, Edizione Zero in Condotta, 2009)
Non è un caso, ad esempio, che Amazon, altro big del settore informatico, abbia iniziato un controllo dei manifestanti tramite i suoi sistemi di domotica e che, nonostante il proprio ufficio marketing si dichiari a favore delle vite nere, fornisca tecnologia di sorveglianza alla polizia, statunitense e non solo.
Negli Stati Uniti la partita è tutt’altro che chiusa, e non sarà l’esito delle presidenziali, qualunque esso sia, a ristabilire l’ordine.

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