12 OTTOBRE: GIORNATA DELLA RESISTENZA INDIGENA

Il 12 Ottobre segna 528 anni dal giorno in cui Colombo e i suoi uomini avvistarono il continente che in seguito sarebbe stato chiamato America.
Questo giorno non rappresenta l’“incontro di due mondi” ma l’inizio di una guerra di sterminio dove almeno il 90% della popolazione indigena perì – senza contare la popolazione africana fatta arrivare come schiavi/e.
Nessuno dei grandi massacri del XX e XXI secolo può essere paragonato all’ecatombe perpetuata dagli europei fin dal 1492.
La “scoperta” tanto decantata dalla classe dominante di tutto il globo non è stata un fatto casuale: fin dal XV secolo, per i paesi europei progrediti a livello tecnologico nautico (come Spagna e Portogallo) era importante aprire ed estendere le rotte commerciali.

La “scoperta” di questo continente ha permesso da un lato l’evoluzione della borghesia commerciale (prima spagnola e portoghese e, dopo, francese, olandese e inglese) e, dall’altro alla depredazione e sfruttamento minerario e agricolo dei territori – utilizzando le popolazioni indigene e africane come schiavi.

Come scriveva Marx nel Capitolo 24 de “Il Capitale”, “la scoperta delle terre aurifere e argentifere in America, lo sterminio e la riduzione in schiavitù della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere, l’incipiente conquista e il saccheggio delle Indie Orientali, la trasformazione dell’Africa in una riserva di caccia commerciale delle pelli nere, sono i segni che contraddistinguono l’aurora dell’era della produzione capitalistica. Questi procedimenti idillici sono momenti fondamentali dell’accumulazione originaria.

Le popolazioni indigene e africane, di fronte alle violenze economiche, culturali e sessuali, risposero con atti di resistenza: dai quilombos neri ai Mapuche, dalla rivolta delle donne Guarani del 1539 agli atti suicidi delle popolazioni Tainos e Arawakos dei Caraibi.

Ricordare questo giorno non significa rivendicare la “diversità culturale” e/o l’identità (anglo o latina) “americana”; significa combattere le falsificazioni del dominio culturale e, soprattutto, solidarizzare con coloro che si battono contro le violenze istituzionali, razziali, sessuali, culturali ed economiche.

Pubblicato in Comunicati, Internazionale | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su 12 OTTOBRE: GIORNATA DELLA RESISTENZA INDIGENA

Intervista al gruppo anarchico ABC Bielorussia (Croce Nera Anarchica – Bielorussia) per il mensile anarchico di lingua tedesca Graswurzelrevolution.

-Dateci una breve panoramica delle proteste in corso. La violenza del regime sta peggiorando e sta per distruggere il movimento o vedete la possibilità di una rivoluzione vittoriosa?

Le proteste per ora sono perlopiù “pacifiche”. Questo significa non solo che le persone sono non violente, ma che hanno anche paura di infrangere qualunque legge o regola. Le manifestazioni avvengono perlopiù sui marciapiedi, le persone seguono tutte le regole stradali e così via.

Al momento siamo statu spintu indietro allo stato in cui l’intero movimento di protesta si trovava a Luglio di quest’anno. Possiamo scendere in strada ed incontrarci e tenere delle piccole manifestazioni, ma gli sforzi organizzativi maggiori incontrano la repressione della polizia.
La violenza per strada da parte degli sbirri sta avvenendo regolarmente, ma in ogni caso non è così concentrata come nei primi giorni dopo le elezioni.
Per questo non provoca più tante proteste. Il regime si è mosso da una repressione a larga scala ad una strategia di repressione più mirata. Vengono arrestati gli organizzatori più attivi nelle fabbriche, nelle università ed in altri luoghi.

La vittoria non è chiara. C’erano alcune persone che avevano già riportato che noi avessimo vinto e non ci fosse modo di perdere; ma vediamo proprio ora che l’equilibrio si sta lentamente spostando a favore del potere.
Le manifestazioni regionali stanno diventando più piccole e di rado avvengono regolarmente. Solo nella capitale ci sono degli sforzi più o meno organizzati.

-I gruppi anarchici come il vostro occupano una porzione significativa tra le forze che stanno protestando. Potreste darci una panoramica dello stato generale della cultura e della lotta anarchica in Bielorussia? In che modo il regime vi ha affrontati in passato?

Gli anarchici non occupano una porzione significativa tra i manifestanti.
Negli ultimi dieci anni, il movimento anarchico ha cercato di sopravvivere in un’atmosfera di costante repressione.
Quindi al momento ci sono tra le 50 e le 100 individualità anarchiche nell’intero paese – che conta 10 milioni di abitanti. Quindi siamo un gruppo veramente piccolo. Organizzato, ma piccolo.

Nelle proteste passate le individualità anarchiche erano dei partecipanti attivi che attiravano un sacco di attenzione da parte della polizia. Le repressioni rappresentano la normalità con cui la maggior parte di noi convive. Ad esempio, molte persone hanno dovuto lasciare i loro appartamenti diverse settimane prima delle elezioni per evitare arresti preventivi.

-In particolare, che influenza hanno le individualità anarchiche nelle proteste odierne? Collaborate con altre forze di sinistra?

Le individualità anarchiche hanno avuto la maggiore influenza sulle strade durante i confronti con la polizia nei primi giorni (come la costruzione di barricate e così via). Con la distensione, le tattiche di protesta sono cambiate e le voci della pace sono diventate più forti.

Al momento le individualità anarchiche sono un gruppo marginale nella protesta, un gruppo che riceve feedback positivi dai e dalle manifestanti, ma niente più di questo.

Non ci sono forze di sinistra nel paese. Il partito comunista tradizionale supporta Lukashenko. Il marxismo non ha mai fatto ritorno a causa del passato sovietico e della forte associazione dell’Unione Sovietica con la dittatura attuale.

-Al di là della caduta di Lukashenko, quali sono gli obiettivi della protesta? Come dovrebbe e potrebbe essere una Bielorussia post-Lukashenko?

A parte le dimissioni di Lukashenko, le persone chiedono di perseguire i responsabili delle violenze poliziesche e delle torture in prigione. Un’altra richiesta sono delle nuove elezioni pulite.

La Bielorussia non diventerà libertaria all’interno di questa rivoluzione.
Sebbene le proteste siano state pesantemente auto-organizzate, non vanno ancora nella direzione dell’abbandono dello Stato. In ogni caso, la decentralizzazione del potere è una di quelle richieste estremamente popolari tra i/le manifestanti.
Tutti capiscono che non è solo Lukashenko, ma è l’apparato dittatoriale che deve essere smantellato, ma non così tante persone capiscono come ciò possa avvenire.

-Qual è il vostro messaggio al mondo? In particolare, come dovrebbero reagire gli/le europei/e per supportare la vostra causa rivoluzionaria, sia tra i politici che tra l’opinione comune, ed in particolare i gruppi di sinistra ed anarchici?

Il mondo… Penso che il mondo prima di prendere una decisione chiara dovrebbe davvero fare delle ricerche su quanto sta avvenendo in Bielorussia. Ci sono fin troppe persone che pensano che Lukashenko stia combattendo l’imperialismo occidentale e che in generale sia una grande persona.

I politici europei hanno scarso potere riguardo quanto sta avvenendo ora in Bielorussia. Quindi le dichiarazioni simboliche sulla violazione dei diritti umani e merda simile non faranno alcuna differenza.

La solidarietà, nella forma di azioni politiche e di raccolte fondi, è estremamente importante adesso. La CIA e l’Unione Europea non stanno pompando soldi nelle proteste, quindi spetta alle persone comuni supportare la rivolta contro la dittatura.

E per le persone di sinistra in generale. Per favore, smettetela di scriverci riguardo la CIA, il Mossad e qualunque altra teoria complottista che avete letto. Se siete anarchicu, seguite quanto sta accadendo nel paese. Scrivete ai vostri amici e alle vostre amiche. Venite direttamente in Bielorussia a vedere cosa sta succedendo!

Pubblicato in Articoli, Internazionale | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Intervista al gruppo anarchico ABC Bielorussia (Croce Nera Anarchica – Bielorussia) per il mensile anarchico di lingua tedesca Graswurzelrevolution.

ASTENSIONISMO ANARCHICO !

La chiamata alle urne – che siano referendum o consultazioni elettorali – viene annunciata da appelli scritti e dal vociare in pubblica piazza e/o in video (televisione e internet).
Gli individui diventano tifosi, pronti a sostenere le parti in campo e a delegare la propria volontà.
Urne, tifoserie e delega : armi utilizzate dal sistema di poteri sociali, economici e culturali per mantenersi in vita.
In opposizione a ciò, noi rispondiamo con la chiamata all’astensione anarchica, ossia combattere le dinamiche di potere e propagandare e promuovere la partecipazione diretta e l’autogestione sociale ed economica.

Pubblicato in Comunicati, Nazionale | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su ASTENSIONISMO ANARCHICO !

Facebook Crackdown

Facebook annuncia la propria decisione di controllare i contenuti riguardanti la campagna elettorale sulle presidenziali statunitensi che si terranno a novembre.
In particolare, non ammetterà alcun contenuto riguardante l’invito all’astensione, motivando la decisione con il rischio di disordini legati all’esito delle elezioni stesse. Segno questo di voler silenziare tutta una serie di gruppi e soggetti che non hanno trovato, o non vogliono avere, alcun posto all’interno del sistema istituzionale statunitense.
La mobilitazione di determinati strati di popolazione statunitense va avanti ormai da più di tre mesi, alimentata dalle continue brutalità poliziesche che periodicamente vengono allo scoperto e da una situazione interna che tra pandemia e recessione economica è sempre più fuori controllo. Più di 40 milioni di statunitensi potrebbero perdere la propria casa a causa degli sfratti, circa 20 milioni e mezzo di persone hanno perso il lavoro durante le prime fasi della pandemia, mentre i contagi sono in aumento ovunque.
Beninteso, solo i casi di brutalità più eclatanti riescono a bucare la bolla mediatica, mentre il resto viene pesantemente filtrato dal mainstream internazionale e dal mainstream di altri paesi (l’Italia non fa eccezione).
È chiaro che il controllo sull’informazione è un riflesso della preoccupazione delle classi dirigenti statunitensi, poco importa che esse siano repubblicane o democratiche, riguardo il fatto che il sistema possa non tenere. La borghesia statunitense è seriamente preoccupata e sta facendo fronte comune di fronte alla minaccia di una guerra civile generalizzata che vede le élite da una parte e la working class e le mezze classi proletarizzate dall’altra.
Nella sua accezione più pura, quella del serrarsi in un blocco unico delle classi dominanti solitamente in conflitto e che ora temono il nemico interno, quella a cui stiamo assistendo è una manifestazione svelata di fascismo.
Come diceva Luigi Fabbri ne “La controrivoluzione preventiva”:
La minaccia proletaria ha fuso in blocco la classe dirigente, di cui il fascismo costituisce oggi una specie di milizia ed un centro di raccoglimento. E classe dirigente non è soltanto la borghesia nel senso stretto della parola: in essa van comprese e ne formano le categorie più retrive, tutte le caste che vivono parassitariamente attorno l’albero dello Stato o formano le ramificazioni di que­sto: i fornitori del governo e le industrie protette, la polizia oggi divenuta mastodontica, l’alta burocrazia e la magistratura, tutte più o meno tendenzialmente fasciste. Vi si aggiunga la borghesia terriera, retriva per sua natura e tradizione, messa con le spalle al muro dalle pretese crescenti dei contadini, cui a lungo andare non potrebbe far fronte se non rinunciando ad ogni profitto, vale a dire al privilegio stesso della proprietà.
Attorno la classe dirigente propriamente detta si sono strette inoltre anche classi, o sottoclassi e categorie, cui lo stato attuale di cose non promette in realtà nulla di buono, ma che per la loro falsa mentalità si illudono di vivere, o poter vivere in seguito, per mezzo dello Stato o in grazia del privilegio altrui, meglio degli operai: la borghesia minuta, molti impiegati ed insegnanti, certe specie di professionisti, e via dicendo. Ingrossano la schiera di costoro tutti i disoccupati della politica e i mestieranti del gior­nalismo, resi spostati dallo sparire dei partiti medi democratici, radicali, ecc. irritati verso la classe operaia, che non vuol saperne di loro e dei loro ciarlataneschi toccasana per tutti i mali.
” (pagg. 31-32, Edizione Zero in Condotta, 2009)
Non è un caso, ad esempio, che Amazon, altro big del settore informatico, abbia iniziato un controllo dei manifestanti tramite i suoi sistemi di domotica e che, nonostante il proprio ufficio marketing si dichiari a favore delle vite nere, fornisca tecnologia di sorveglianza alla polizia, statunitense e non solo.
Negli Stati Uniti la partita è tutt’altro che chiusa, e non sarà l’esito delle presidenziali, qualunque esso sia, a ristabilire l’ordine.

Pubblicato in Articoli, Internazionale | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Facebook Crackdown

IL NOSTRO COMPAGNO SOCRATES CI HA LASCIATI

La mattina del 1 settembre, l’anarchico di 34 anni Alexey “Socrates” Sutuga è morto, a causa di gravi ferite alla testa, nell’unità di terapia intensiva dell’Istituto Sklifosovsky. Per più di una settimana, i medici hanno combattuto per la sua vita, ma le ferite erano troppo gravi.

Alexey è morto dopo una rissa avvenuta il 23 Agosto vicino ad un negozio di alimentari, nelle vicinanze della stazione della metropolitana Baumanskaya, nel centro di Mosca. Le circostanze attorno l’incidente rimangono poco chiare. Quattro persone, che a quanto pare hanno preso parte al pestaggio di Alexey, sono state arrestate. Nella causa penale la famiglia Sutuga è rappresentata da una famosa avvocata e speriamo che grazie a lei scopriremo tutti i dettagli di quella notte. Finora, non c’è motivo di credere che ci fosse una motivazione politica dietro l’attacco.

Alexey Sutuga ha preso parte alla creazione di Autonomous Action dall’inizio degli anni 2000. Dapprima nel gruppo locale di Irkutsk, e successivamente a Mosca, dove era anche un membro attivo. Ha preso parte a molte diverse iniziative anarchiche. È impossibile elencarle tutte qui.

L’antifascismo è sempre stato una delle sue principali priorità. È stato incarcerato due volte dopo essersi scontrato con dei nazisti che erano andati a fare la spia alla polizia quando le hanno prese. L’ultima volta hanno letteralmente detto ai loro amici in uniforme di essere stati attaccati dallo “stesso terribile Socrate le cui foto sono su Internet”.

Alexey è stato coinvolto in vari progetti creativi: è stato il frontman del gruppo punk-Oi! “Working Boys”; ha preso parte alle performances del teatro Teatr.doc, e lo scorso maggio è stato pubblicato in russo il suo libro di memorie carcerarie “Dialogues about prison”.

Negli ultimi anni della sua vita, Alexey ha vissuto a Mosca, lavorando come muratore addetto alle costruzioni, riparatore e ponteggiatore. L’antifascismo è rimasto importante per lui: ha ospitato (forse meglio creato)il canale telegram “Antifa Jokes” e ancora occasionalmente combatteva l’estrema destra per le strade.

Alexey ha anche partecipato alla pubblicazione della rivista “Avtonom”, ha organizzato una serie di conferenze della rivista e si è anche unito alle azioni di strada anarchiche.

Suo figlio è entrato in terza elementare questo autunno.

Autonomous Action

Link al comunicato originale (in lingua inglese): https://avtonom.org/en/news/our-comrade-alexey-has-passed-away

Pubblicato in Comunicati, Internazionale | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su IL NOSTRO COMPAGNO SOCRATES CI HA LASCIATI

“Tutto sembra così fragile e potente allo stesso tempo.” Una conversazione sulla Zona Autonoma di Seattle

 

Introduzione

Abbiamo deciso di tradurre questa intervista fatta a due compagnu della Capitol Hill Autonomous Zone di Seattle (CHAZ)

Nonostante l’esperienza della CHAZ sia durata appena una ventina di giorni, la sua importanza e l’eco che ha avuto a livello internazionale è stata, da un punto di vista pratico e simbolico, di enorme importanza.

Di natura eterogenea, la CHAZ ha consentito ai/alle compagni/e presenti di creare un ambiente sicuro per le minoranze (quotidianamente discriminate dalle istituzioni statali), basato sul mutuo aiuto, cooperazione ed autogestione.

Al suo interno hanno trovato voce idee e pratiche abolizioniste carcerarie ed antirazziste, ispirando così la nascita di altre zone autonome nel resto degli Stati Uniti e prendendo come punto di riferimento le pratiche di cooperazione tra la comunità di Minneapolis – all’indomani dell’uccisione per mano poliziesca di George Floyd e della distruzione del commissariato della città.

Francesco per Caprenere

Da Liaisons

Due persone nella CHAZ (Capitol Hill Autonomous Zone [Zona Autonoma di Capitol Hill, Seattle]) hanno gentilmente accettato di rispondere ad alcune domande poste da Liaisons su una situazione ancora in rapida evoluzione.

In questa intervista, esploriamo la dinamica di confronto a Seattle che ha costretto la polizia ad abbandonare una stazione di polizia e a lasciare che una strana “Zona Autonoma” sorgesse nel cuore della città. Vale la pena menzionare che l’intervista è stata condotta il 12 Giugno.

Per iniziare, potreste darci un po’ di background riguardo il movimento odierno e le dinamiche locali e la rivolta a Seattle e dintorni? Cosa è accaduto prima della creazione della CHAZ?

In vista della formazione della Zona Autonoma di Capitol Hill, l’atmosfera è simile a quella che si sta sviluppando in tutto il paese.

L’omicidio di George Floyd evidenzia con una chiarezza viscerale la violenza quotidiana della polizia, in particolare verso le persone nere. Nel bel mezzo di una massiccia crisi economica, dopo mesi in cui si è praticato l’isolamento, le persone si sono riunite nelle strade.

L’intera nazione guarda, di volta in volta, la polizia brutalizzare chi protesta contro la violenza poliziesca, evidenziando quale sia il problema in questione.

Non sono un[u] che si lamenta di come sia sempre la polizia ad iniziare o che tace riguardo agli attacchi più proattivi verso la polizia e la proprietà; ma in realtà era solo uno scorrimento di esempi continui sugli attacchi polizieschi alle manifestazioni pacifiche.

Questi attacchi da parte della polizia sono stati seguiti da rivolte ed espropriazioni senza precedenti. L’abolizione della polizia, espressione che discende dal movimento per l’abolizione della schiavitù, diventa un argomento comune a cena e sulle notizie mainstream.

La polizia non si sente più invincibile o necessaria ora che i commissariati bruciano. Coloro che già sapevano che la polizia era il loro nemico si sentono incoraggiat[u].

Molt[u] altr[u] non riescono più a restare in silenzio riguardo la polizia come forza di oppressione storica ed odierna – e come oppressione anti-nera in particolare.

A Seattle è stata chiamata una manifestazione esplicitamente anti-polizia venerdì 31 maggio. Come c’era da aspettarsi, la polizia ha attaccato la manifestazione, e una piccola ondata di vandalismo si è scatenata nella zona del centro contro le vetrine di Amazon, gli edifici governativi e contro la polizia stessa.

La folla rimane fino a notte, ma non è più la stessa folla. Lentamente le persone vanno ed altre arrivano finché la folla non riflette maggiormente la demografia generale della città ed è piena di rabbia delle persone nere.

Alla fine la folla si fa strada dal centro verso Capitol Hill, cogliendo l’occasione per attaccare la prigione minorile, una concessionaria di auto di lusso, nonché la polizia che trova lungo la sua strada.

“Fuck 12”[1] (pensando al grido “fanculo i poliziotti”[2] al culmine della sua popolarità ) e “George Floyd” sono i cori della serata. Io e [le persone] mie amiche ci aspettiamo che non potrà diventare più estrema di così. Ma ci sbagliamo.

Il giorno seguente, una folla si raduna per una manifestazione più ampia con sfumature dogmaticamente pacifiste e contro i riot. Nonostante ciò, la polizia attacca nuovamente la folla.

Dopo il loro attacco, tutto quello che la polizia può fare è tenere la linea mentre le persone cominciano a saccheggiare quasi ogni negozio nella zona dello shopping e ad attaccare ogni veicolo della polizia in vista.

Nel bel mezzo di tutto questo, i predicatori ed altri restano in un’area della piazza chiamando alla calma. Ma la gioventù nera arrabbiata e le persone a loro alleate danno fuoco ad un numero sempre maggiore di veicoli della polizia e rubano sempre più dai negozi nelle vicinanze. Niente di simile è stato visto in questa città, figuriamoci nello Stato, da decenni.

Il sindaco, gli sbirri, il governatore e i media locali si sono spinti in una frenesia contro-insurrezionale. Viene dichiarato il coprifuoco. La Guardia Nazionale, un ramo locale dell’esercito usato generalmente in caso di catastrofe, viene schierata nell’eventualità di una risposta alla rivolta. L’FBI inizia a mobilitarsi. Ogni stazione locale sta spingendo [al] “manifestante buono contro manifestante cattivo”.

Sconvolto, lo Stato, manda buona parte della sua polizia nelle città vicine all’area del centro; questo si dimostra essere un errore e i/le ribelli/e umiliano nuovamente la polizia saccheggiando complessi di lusso e centri commerciali in quelle città periferiche private del loro potere di polizia.

Per coloro che si trovano in centro, questi imparano duramente che quel terreno è molto inospitale per i/le ribelli/e. Emergono leader di movimento dalle facce ripulite, che sembrano lavorare mano nella mano con la polizia, il sindaco, i media, ecc, ripetendo la loro propaganda [di Stato] e seguendo i percorsi designati. Lasciano persino che il capo della polizia ed il sindaco parlino indisturbati ai loro raduni. I raduni, inoltre, diventano sempre più borghesi e bianchi. Il movimento alla fine scuote questi sedicenti leader e gli abolizionisti neri intervengono in questo momento critico convocando una manifestazione nel parco proprio accanto al distretto est del Dipartimento di Polizia di Seattle.

Questo parco si trova a Capitol Hill, quartiere storicamente gay e ora gentrificato, e sito di molti gloriosi May Day e manifestazioni anarchiche – tra cui le precedenti rivolte anti polizia. Il quartiere diventa il nuovo punto di incontro per le manifestazioni per le Black Lives e contro la polizia.

Ogni giorno per il resto della settimana, le persone sono ritornate in quel parco; [davanti a loro vi è stata] una fila dei poliziotti [in assetto] antisommossa e dei soldati della Guardia Nazionale che difendono il distretto. Ogni notte le persone sfidano il coprifuoco. Ogni notte la polizia attacca la folla con spray al peperoncino, proiettili di gomma, lanciatori di palle di difesa [3] e lacrimogeni nell’intero quartiere.

Ogni giorno l’odio per la polizia cresce e proliferano le tattiche difensive. Uno scudo di ombrelli è quello che va a formare la prima linea. Sempre più persone iniziano a vestirsi per la prima linea, prendendo in prestito le tattiche dalle rivolte di tutto il mondo. Non ci sono tattiche estremamente offensive. Contro la polizia vengono usati alcuni laser e bottiglie d’acqua, ma coloro che si riuniscono ogni notte mostrano il loro coraggio in un altro modo: tornando ancora ed ancora ed ogni volta con un piglio più feroce. Stare a 10 piedi (circa 3 metri, ndt) dalla linea [antisommossa] si è trasformato nell’essere proprio contro [essa], e così via.

Quando è di nuovo venerdì, un gruppo formato da alcuni di noi decide di fare una veglia per i martiri uccisi dalla polizia e dai suprematisti bianchi durante questa sollevazione. Teniamo la veglia proprio accanto allo spazio in cui ci confrontiamo quotidianamente con l’antisommossa.

Uno striscione elenca i nomi di più di una dozzina di persone cadute e su un altro si legge “Amnistia per tutt[u]. Non ci sono manifestanti cattiv[u]. Non ci sono sbirri buoni”

Non è stata solo questa veglia; ma gesti come questi ed il costante antagonismo con la polizia cambiano il carattere della folla. Le idee radicali che sembravano così lontane dal guadagnare un’attrazione generalizzata, cominciano a diventare nozioni comuni tra quasi chiunque stia sul campo.

Quella notte, mentre discutiamo di abolizionismo ed accendiamo candele per i caduti, la calma relativa è squarciata da un’auto che sfreccia per la strada verso la folla. Un compagno ferma il guidatore e quest’ultimo gli spara.

Colui che ha sparato esce dalla sua auto e velocemente si fa strada verso lo schieramento di polizia. È reso evidente, infatti, che la polizia non ci protegge e che possiamo difenderci l’un[u] con l’altr[u] anche dagli aggressori armati. Quella notte la polizia annuncia di aver intenzione di ritirarsi dal distretto.

Alla fine della settimana, nonostante ci fossero molti aspetti del movimento che potevano rivelare la sua rovina, erano state apprese innumerevoli lezioni. Una sorta di militanza difensiva si è inserita all’interno della divisione tra le parti violente-nonviolente [del movimento] ed è stato confermato un rifiuto radicale verso le strategie contro-insurrezionali della polizia di comunità.

Questa è già una lunga contestualizzazione, ma credo ci sia qualche altra informazione rilevante.

Negli anni appena trascorsi, la polizia di Seattle e delle aree vicine ha ucciso diverse persone native e nere, confermano la natura necropolitica del controllo poliziesco.

Anche il dipartimento di Polizia di Seattle, in particolare, era entrato in uno schema di brutalizzazione dei/delle manifestanti ed aveva appena effettuato una serie di sgomberi delle persone senzatetto nel bel mezzo delle epidemie da Covid-19 e di epatite.

Allo stesso modo, il Sindacato di Polizia di Seattle – il “Seattle Police Officers Guild” (SPOG)-, ha appena eletto un presidente di estrema destra che ha avuto un’influenza reazionaria via via crescente.

In maniera simile il sindaco democratico, Jenny Durkan, è stata una procuratrice responsabile della repressione degli anarchici nel Gran Giurì di Seattle del 2012 [4] e per numerose campagne-trappola contro frange più radicali e contro i musulmani, usando un informatore pedofilo.

Durkan si nasconde dietro una patina di politica progressista; ma con il tempo è uscita sempre più allo scoperto. Rispetto al passato, lei [adesso] ha fallito nel nascondere sotto il tappeto la violenza della polizia, e questo ci ha certamente portato al momento in cui ci troviamo ora.

Potreste darci in breve un resoconto di come è nata la Zona Autonoma? È un’emanazione di Black Lives Matter (intesa come organizzazione) o è collegata ad altre forze locali? Come possiamo interpretare il fatto che la stazione di polizia sia stata abbandonata?

Risponderò a queste tre domande contemporaneamente.

Per iniziare, la polizia ha eseguito una ritirata tattica. Sentivano di non poter tenere il commissariato a lungo nel modo in cui sentivano di dover fare (quindi con lacrimogeni ecc), senza [che ciò portasse a] generalizzare ed intensificare l’antagonismo radicale contro la polizia.

Rimuovere la presenza della polizia era esplicitamente parte di una strategia di distensione e di pacificazione. La ritirata, inoltre, forzava la manifestazione in una posizione difensiva più reattiva, anziché far sì che ciò avvenisse dalla polizia – la quale poteva ora teoricamente operare con più margine di manovra ed in maniera più attiva. Questo non è per dire che non sono stati forzati a lasciare il luogo. Sono stati assolutamente forzati in una situazione socialmente insostenibile e, a tutti gli effetti, costretti ad andarsene a causa delle persone che assediavano il distretto ogni notte.

Hanno anche perso la faccia e perso una base operativa, una cosa importante quando si parla di logistica. Questo senza dubbio ha anche ricucito alcune tensioni tra la polizia non propensa a compromessi e fedele alla SPOG (Seattle Police Officer Guild) e le alte sfere propense ad azioni di persuasione.

C’è stata anche questa idea paranoica, secondo me, per cui il commissariato fosse stato abbandonato in modo da spingere le persone ad attaccarlo. Per quello che posso dire, un risultato della “polizia nella testa delle persone”. In ogni caso, è stato lasciato vuoto ma ridecorato. È stata occupata la strada di fronte ed esso e sono state erette delle barricate per creare un perimetro. Ad essere chiari, non sono dei veri e propri check-point, ma un modo per bloccare le auto dall’investire le persone e rallentare un potenziale raid della polizia.

C’erano state delle barricate precedentemente; ma erano perlopiù barricate della polizia a cui era stata cambiata la destinazione d’uso e che avevano cambiato l’atmosfera. Qualcuno, non so chi, aveva cominciato a scherzare riguardo il fatto che fosse una zona autonoma, e le persone hanno trovato che fosse divertente, ma anche stranamente non inesatto. Un’idea apparentemente folle ed apparentemente realizzata.

Una cosa immediatamente chiara della zona è che questa non è più sorvegliata, o almeno non apertamente. C’erano state operazioni di “peace policing” da parte dei manifestanti e comportamenti machisti di sorveglianza, ma dopo un incontro in cui un gruppo di donne nere abolizioniste hanno parlato contro queste cose, le persone hanno ascoltato.

Ci sono graffiti ovunque nella zona, e molti sono contro la polizia o sul solco della liberazione nera radicale; altri sono di persone che disegnano solo i loro tag.

Le persone bevono anche gli alcolici senza preoccuparsi di coprire le bottiglie [5], qualcosa che di solito non è permesso e che aggiunge una sensazione da festival, sia nel bene che nel male. Inoltre, le persone senzatetto possono accamparsi o dormire sotto i portici relativamente indisturbate. Qualcun[u] potrebbe dire che sia solo un parco pubblico allargato dotato di un microfono aperto, ma c’è un livello di ingovernabilità che spinge oltre questo. Così come la disseminazione di idee radicali e di modi efficaci di operare in strada che spingono oltre questo.

Per quanto riguarda la relazione tra CHAZ e Black Lives Matter, dipende di cosa stiamo parlando.

Esiste un’organizzazione formale chiamata Black Lives Matter il cui gruppo locale è Black Lives Matter Seattle-King County – il quale è largamente rimasto al di fuori dagli eventi recenti e che ha tenuto il suo primo evento oggi, 12 giugno, due settimane dopo la prima manifestazione. Avevano delle persone nella Zona, ma sono rimaste perlopiù relativamente distanti.

L’altro movimento Black Lives Matter, più informale, è certamente presente. Sebbene ci siano opinioni e persone diverse al suo interno, la Zona ha una cultura molto intenzionale [6] che si è focalizzata sulla liberazione nera, sull’abolizione della polizia e tutto ciò che si discosta troppo da quello che sembra di cattivo gusto.

Oltre al gruppo formale di Black Lives Matter ci sono in campo anche diversi gruppi all-black di abolizionist[u] e per l’uguaglianza; ma nessuna organizzazione del genere gestisce ufficialmente il posto o si è formalmente impegnata nel suo endorsement, o cose del genere.

Sono tutti arrivati come individualità, cercando di promuovere un movimento abolizionista più ampio e provando a dare ciò che possono allo spazio. Ci sono anche molte persone nere radicali [7] che vedono il movimento di Black Lives Matter come già esaurito e preferiscono parlare di ciò che sta succedendo nel momento come di una rivolta guidata da persone nere, oppure del movimento abolizionista o perfino di una primavera ACAB.

La CHAZ è uno spazio eterodosso che risolve i problemi emergenti appena fanno capolino, in maniera orizzontale. Non c’è una leadership ufficiale, non ci sono regole ufficiali (ci sono dei suggerimenti sparsi qua e là), non c’è un corpo ufficiale che prende decisioni, ecc. In termini della reale funzionalità della zona, i gruppi di lavoro e i gruppi di affinità di varie dimensioni e forme si prendono cura dei vari progetti e dei ruoli.

C’è una postazione medica eretta sul patio di uno dei ristoranti messicani ancora aperti nella Zona, c’è un giardino, c’è un qualcosa di simile ad un’assemblea generale quotidiana alle 15:00.

Se qualcun[u] sta causando problemi, chiunque sia lì intorno interviene nella maniera migliore che può e chiama aiuto se ha bisogno. La logistica è organizzata tramite Telegram, Discord, Signal, e, ovviamente, di presenza e negli incontri sul campo. Qualunque cosa abbiate ascoltato da Trump o da siti internet anarchici, non è una “zona controllata dagli/dalle anarchici/anarchiche”, ma da varie persone. Senza dubbio, nella Zona si stanno probabilmente usando dei mezzi anarchici; ma sarebbe una sopravvalutazione delle abilità anarchiche ed una sottovalutazione delle dinamiche liberali più problematiche chiamarla “zona controllata dagli/dalle anarchici/anarchiche”.

Ah, e sì, Trump ci ha twittato sopra. Un sacco di gente l’ha fatto. Siamo stat[u] ogni sera sui notiziari nazionali sin dall’inizio della CHAZ. I reazionari sono terrorizzati; diffondono un sacco di propaganda e dimostrano di essere delle tigri di carta in quanto non danno quasi mai seguito alle loro minacce. Abbiamo anche ricevuto dei report sulle nascite in tutto il paese di altri tentativi ispirati alle “zone autonome” anti-polizia e per la liberazione nera. Potrebbe sembrare ovvio, ma anche noi ci siamo ispirat[u] ad un’altra “zona autonoma”: quella nata dalle ceneri del commissariato che è stato bruciato a Minneapolis. Anche loro hanno cacciato i poliziotti ed hanno iniziato programmi di mutuo soccorso e creato uno spazio di incontro. A Minneapolis, quando un’auto-officina di AutoZone è stata saccheggiata, qualcuno ha graffitato “Zona Autonoma” sul lato dell’edificio, a cui senza dubbio si fa riferimento nel nome alla Zona Autonoma di Capitol Hill. Così come noi siamo stat[u] ispirat[u], speriamo di essere d’ispirazione per altr[u].

A questo punto abbiamo forzato l’ala liberale dello Stato e dei media a voltarsi e iniziare a parlare di noi positivamente; senza dubbio [il loro] tentativo [è quello] di catturare l’energia [della Zona] e di pacificarla. Non è stato certo uguale all’ondata di shock sprigionatasi durante le prime fasi di questa ondata di rivolta; ma stiamo facendo le nostre rotture che trovano risonanza dentro e fuori lo Stato. Stiamo costruendo ogni giorno il nostro potere condiviso in supporto alla liberazione nera e contro la polizia.

Quali sono le prospettive che possiamo immaginare per la Zona Autonoma? Ci sono discussioni sulla sua difesa e di come può essere sviluppata ulteriormente se tiene?

Uno sviluppo interessante è che la polizia, dopo essere stata insultata da Trump sui media ed aver approfittato del basso numero di difensori presenti al mattino, si è intrufolata nella CHAZ con circa una dozzina di agenti e, accompagnata da simpatizzanti autoproclamatisi leader della comunità, è entrata nel commissariato. Questo è stato un punto di svolta. Si è molto discusso su cosa fare. La soluzione venuta fuori è stata quella di bloccare tutte le successive incursioni della polizia e scortare fuori gli agenti rimanenti mentre escono dall’edificio. Allo stesso modo, noti reazionari erano stati circondati e costretti ad uscire diverse volte. L’ethos difensivo rimane ma è fermo nel suo impegno di voler mantenere la Zona libera dalla polizia. La polizia e le istituzioni cittadine hanno anche provato ad avere un incontro con alcuni “leaders” ed “anziani” usando una mossa da manuale della contro-insurrezione dell’esercito degli Stati Uniti: tentare di negoziare una resa del commissariato [e farlo tornare] di nuovo nelle loro mani. [L’operazione è] fallita miseramente ed è stata interrotta. Senza alcun leader formale o figure popolari disposte a svendere la città, è una perdita di tempo.

È possibile che la città sia ancora in grado di incorporare la CHAZ in qualche progetto di parchi, arte e culture, provando a lasciar esaurire il suo picco più conflittuale. Il sindaco è persino venuto fuori in “supporto” della Zona dicendo che non è “anarchica” e che Capitol Hill è sempre stata autonoma. Peccato non stia funzionando. Lo stato della Zona potrebbe sembrare quello di una festa. Si proiettano film, le persone si divertono, ci sono Dj, aree da gioco, ecc, ma quando la polizia si fa vedere, la folla da frizzante diventa intrattabile.

Ci sono anche implicazioni più ampie della Zona nella stessa Seattle. Se le persone imparano a difendere uno spazio in un modo che gli permette di guadagnare anche il supporto pubblico, allora uno sgombero è qualcosa di molto più facile da cui difendersi. Poichè gli sgomberi sono spesso annunciati, i gruppi di difesa, con ritrovato coraggio e con tattiche sviluppate, possono impegnarsi per difendere la Zona. E la CHAZ stessa sta diventando una tendopoli. È pieno di punti in cui potersi lavare le mani, una clinica popolare, è piena di cibo, bagni, raccolta della spazzatura, e libera dalle molestie poliziesche contro le persone povere.

Riguardo la difesa, dovrei anche menzionare che quasi sempre ci sono persone armate nella Zona. Queste persone naturalmente non sono qui per difendere la Zona da un’incursione della polizia, in quanto la folla spesso si imbroncia anche di fronte a persone che fanno una cosa innocua quale il tirare bottigliette di plastica agli sbirri. Invece, questi individui armati sono lì come deterrente agli attacchi da parte dei reazionari armati. Prima li ho chiamati tigri di carta, ma ovviamente c’è già stata una sparatoria e l’assalitore è arrivato nel luogo con due caricatori messi assieme, che è una cosa che uno di solito fa se ha intenzione di far fuori un sacco di persone. Ci sono state altre sparatorie in altre parti del Paese da parte di vigilantes reazionari, quindi il pericolo è reale. E nonostante avere un esercito di stanza o un gruppo di agenti di sicurezza è qualcosa che quasi nessun[u] nella Zona vuole, se le persone di propria iniziativa arrivano per offrire ciò che possono, nessun[u] sembra farci troppo caso. Va anche detto che non sono state persone armate ad affrontare il reazionario armato che si è lanciato con la sua auto sulla folla, ma persone che hanno intrapreso un’azione decisiva nel momento in cui hanno visto un pericolo mortale.

In termini di sviluppo della situazione, la cosa di cui molte mie persone amiche si preoccupavano era di mantenere la pressione sulla città; ma finora mantenere il commissariato sembra avere questo effetto. C’è anche ovviamente la nostra coordinazione da migliorare, così come il controllo di notizie infondate (che hanno fatto molta strada) ed altre cose di questo tipo. Sebbene le persone armeggino con le barricate ogni giorno ed aggiungano cose, la fortificazione non è necessariamente una preoccupazione primaria in questo momento, in quanto la lotta è fortunatamente per lo più sociale in questo momento.

Potrebbero esserci vedette migliori di notte e di solito è un lavoro ingrato, quindi stiamo cercando dei modi per renderlo più piacevole. Stiamo anche costantemente provando a produrre informazioni pratiche e critiche riguardo le pratiche di anti-repressione e roba rilevante sul piano teorico che saranno particolarmente appetibili in questo spazio in modi mai visti prima d’ora.

Un’altra area su cui stiamo lavorando sono le nostre relazioni con i primi abitanti di questa terra, i Duwamish, i Muckleshoot e altri gruppi dei Salish della Costa.[8] Anche loro hanno perso molte persone a causa della polizia e qualunque zona che desideri diventare autonoma in un buon modo, dovrebbe seguire delle regole per costruire relazioni simili.

Tutta questa cosa è interessante perché talvolta è considerata saggezza d’avanguardia, cioè il fatto che la polizia e i reazionari non siano altro che ostacoli sulla strada della rivoluzione e della costruzione di ciò che vogliamo – che è vero in molti aspetti, ma la creazione di questo spazio è stata possibile solo attraverso il confronto diretto, ostinato e abbastanza a lungo contro gli sbirri (che hanno dovuto lasciare). E la tensione contro la polizia sembra essere un importante fattore nella creazione dello spazio e nel coltivare l’attuale disposizione abolizionista.

Ora non stiamo solo cercando misure difensive, ma stiamo pensando a come espandere le nostre azioni al di fuori della Zona o possibilmente farle partire da essa, o in coordinamento con essa. Altri raduni sono già stati chiamati, in parte intenzionalmente, di fronte ad altri commissariati, bloccando le auto della polizia in modo tale da interrompere al massimo le azioni logistiche. Le persone stanno adocchiando i monumenti confederati, ed altri escono a graffitare per poi tornare indietro nella sicurezza della Zona.

Oltre a cercare di non perdere la tensione animatrice, c’è anche uno sforzo di tenere nella Zona uno spazio orientato alla liberazione nera.

Tutto sembra così incredibilmente complesso e semplice allo stesso tempo. Tutto sembra così fragile e potente allo stesso tempo. Apparentemente ci sono vicoli ciechi ovunque, e potenzialità che spuntano dalle crepe nel cemento. È selvaggio.

Note del traduttore

[1] Il numero 12 indica gli uffici della narcotici. È un modo per dire “fanculo la polizia.”

[2] Nell’originale è “nique les keufs”. Questa frase è l’equivalente al grido anarchico, comunardo e antimilitarista francese contro i poliziotti “mort aux vaches” (trad: “morte alle vacche”) – frase utilizzata, per esempio, sia dallo scrittore Richard O’Monroy in “Cocardes et dentelles” che dal cantante anarchico Georges Brassens in “Hécatombe”.

[3] I “blast-ball” o “lanceur de balle de défense” (tradotto come lanciatore di palle di difesa) (LDB) sono dei fucili che sparano proiettili di gomma e vengono utilizzati per disperdere i manifestanti.

Di quest’arma se ne parla nell’opuscolo curato da Prison Break Project, “Quando lo Stato spara sulla folla. Le armi non letali come dimensione tecnologica della repression”, Novembre 2017. Link: https://prisonbreakproject.noblogs.org/files/2017/12/Opuscolo-Armi-non-letali_PBP.pdf

[4] Vdere l’articolo “Hunting witches in the pacific northwest. On the Federal Grand Jury Targeting Anarchists”, “Tides of Flame”, n. 22, early August 2012, pagg. 3-4. Link: https://tidesofflame.files.wordpress.com/2012/08/tof22read2.pdf

[5] Ci si riferisce alla “United States open-container laws”. In molti Stati è proibito bere alcolici in bottiglia nei luoghi pubblici (con palesi eccezioni, quali durante gli eventi sportivi). Link: https://www.federalregister.gov/documents/2000/08/24/00-21564/open-container-laws

[6] Il terminate intenzionale (in originale Zone has a very intentional culture) potrebbe far riferimento al fenomeno delle intentional communities, letteralmente comunità intenzionali, cioè che nascono allo scopo di raccogliere persone unite da un medesimo scopo. È un fenomeno molto presente negli Stati Uniti. Le intentional communities possono nascere secondo motivi religiosi, politici, sociali e così via.

[7] Nel senso di impegnati nella politica radicale, aderenti a formazioni di sinistra radicale (anarchiche, comuniste, abolizioniste ecc)

[8] Si fa riferimento alle Prime Nazioni, o First Nations, gruppi indigeni che abitavano la costa e presenti nella zona occidentale del Canada ed in alcune zone degli Stati Uniti.

Pubblicato in Articoli, Internazionale | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su “Tutto sembra così fragile e potente allo stesso tempo.” Una conversazione sulla Zona Autonoma di Seattle

Cronache razziste siciliane (Prima Parte)

Tra la fine di Giugno e i primi di Luglio lo sbarco delle persone presenti nella nave-quarantena Moby Zaza – ormeggiata a Porto Empedocle -, è stato un argomento di propaganda politica nel territorio agrigentino.

L’assessore alla Sanità della Regione Sicilia Ruggero Razza ha polemizzato con il governo nazionale e le ONG dichiarando come “la Regione ha fatto 180 tamponi sui migranti dell’Ocean Viking a largo di Pozzallo. E si è sostituita allo Stato. Non mi pare una cosa normale […] nessuno può scendere se non dopo l’esito del tampone. Se ne facciano una ragione quelli della Ong. La salute, dei nostri concittadini e dei migranti, viene prima di tutto. Vorrei ricordare che se a Porto Empedocle c’è una nave per la quarantena è perché lo ha chiesto il presidente Musumeci.

Ida Carmina, sindaca pentastellata di Porto Empedocle, contesta la scelta dell’utilizzo della nave-quarantena ancorata nel porto cittadino: “La Moby Zaza viene utilizzata in modo diverso rispetto a quello che noi avevamo chiesto, ossia che imbarcasse i migranti sbarcati a Lampedusa per evitare che i gruppi di extracomunitari viaggiassero sul traghetto di linea senza aver fatto prima la quarantena e senza che si avesse contezza della loro negatività al Coronavirus. […] abbiamo accolto tutti gli extracomunitari che sono passati da qua. Abbiamo offerto aiuti, la tensostruttura e senza mai ricevere un aiuto da parte dello Stato. Non possiamo sostenere noi l’ingresso di tutta l’Africa in piena epidemia. Porto Empedocle è Covid free, tutto quello che noi subiamo è qualcosa di indotto da scelte che non dipendono da noi. Devono finirla, quelli che stanno a Roma, con questo atteggiamento ‘radical chic’ e prima di parlare vengano ad acclarare e a capire quali sono i problemi. Questo non sarebbe male”.

La salute e la difesa dei cittadini italiani fatta da questi personaggi dimostra, come al solito, la fuffa sul fenomeno delle migrazioni e la demonizzazione delle persone sopravvissute alle traversate. Nel caso di Porto Empedocle, le istituzioni hanno un motivo più valido per fare queste sviolinate su sicurezza e sanità: gli investimenti. Infatti il comune di Porto Empedocle e l’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale vogliono investire su un porto che dovrebbe ospitare navi da crociera e traghetti. Una simile occasione permetterebbe la ripresa del turismo sul territorio empedoclino; non a caso la sindaca Carmina, il 28 Giugno, ha riportato sulla sua pagina facebook come “Porto Empedocle  è COVID FREE! Diciamolo a tutti !  Difendiamo la nostra città ed i nostri operatori nel settore turistico : ristoratori ed operatori della ricezione turistica . Facciamo vedere a tutti quanto sia meraviglioso il nostro paese.

A livello pubblico tutte queste mosse servirebbero a voler creare un bacino commerciale “legale” in un territorio dove sono forti i patti sociali ed economici tra clan mafiosi (stiddari e mandamenti di cosa nostra agrigentina) e gruppi economici (legati per lo più alla massoneria). Investimenti come quello del porto (dove sono stati stanziati 70 milioni di euro) e l’istituzione di aree per la Zona Economica Speciale a Porto Empedocle, dimostrano che la parvenza “legale” – di cui si fregiano tutti questi personaggi – non è altro che un voler rinforzare quei patti sociali ed economici detti poc’anzi.

Situazioni bene o male similari a quelle empedocline si sono viste anche in altre parti della Sicilia in questi mesi di Luglio e Agosto. E possiamo affermare come le fughe dei/delle migranti dai centri di accoglienza e hotspot siciliani abbiano permesso ai partiti di centrodestra e ai sindaci in cui ricadono queste strutture di far propaganda anti-migrante a tutto spiano per difendere investimenti e poltrone.
In tal modo troviamo personaggi come:
-il sindaco di Caltanissetta, Roberto Gambino, in una lettera inviata al Ministro Lamorgese il 28 Luglio, chiede maggiori protezioni per il centro di accoglienza locale perché: “l’obiettivo primario deve essere la sicurezza e la tranquillità dei cittadini unica condizione che può sostenere politiche di reale e capillare integrazione”;
-il sindaco di Siculiana (paese in provincia di Agrigento), Leonardo Lauricella, che scrive una lettera al ministro Lamorgese il 29 Luglio dove lamenta come la fuga di alcuni tunisini abbia “allarmato la popolazione creando scene di panico che si sono tramutate in decine di segnalazioni e richieste di intervento” e messo in pericolo il turismo, principale fonte economica locale;
-il sindaco di Vizzini, Vito Cortese, che, a seguito della trasformazione della ex “115° Deposito Sussidiario dell’Aeronautica Militare” a struttura di accoglienza – tramite tende – per i/le migranti, ha definito tale scelta in un comunicato facebook del 31 Luglio come da rivedere: “perché in contrasto con tutti i programmi di sviluppo del territorio già approvate dal Governo Nazionale e Regionale.
-il sindaco di Messina, Cateno De Luca, che, da bravo utilizzatore dei social network, in un video del 3 Agosto annuncia il presidio davanti l’entrata dell’Hotspot di Bisconte in quanto il governo non ha evitato le fughe;
-il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, che, pur considerando l’hotspot locale, come “sicuro più di un carcere, con decine di forze dell’ordine che lo presidiano”, si è stupito delle fughe. E su questi avvenimenti Ammatuna ha richiesto, il 10 Agosto, al governo nazionale una “maggiore sicurezza per impedire la fuga di una tipologia di immigrati, gran parte tunisina, che ha il solo unico fine di fuggire e non rispettare le leggi del paese che li ha accolti, forse anche perché esasperati da continue quarantene a cui sono sottoposti”.

Questo tipo di propagande subdole sono veri e propri atti di guerra contro le persone non bianche. In “Tutto sull’amore. Nuove visioni”, bell hooks scriveva come il bianco, così “convinto di proteggere la propria vita e ciò che è suo”, spara al “non-bianco” in quanto “la supremazia bianca gli ha insegnato che tutte le persone di colore sono minacciose indipendentemente dal loro comportamento. Il capitalismo gli ha insegnato che, a tutti i costi, la sua proprietà può e deve essere protetta. Il patriarcato gli ha insegnato che la sua mascolinità deve essere dimostrata dalla volontà di vincere la paura attraverso l’aggressione.

Ma se questo è il problema razziale, dall’altro abbiamo quelle persone bianche che, dall’alto della loro cultura, si sentono in pieno diritto di dire come e che tipo di aiuto dare ai/alle migranti.
Ciò che ferisce maggiormente il negro,” scriveva l’anarchico Dando Dandi (pseudonimo di Candido Mollar) in “Bianchi e Negri”, “nelle sue più delicate sensibilità, è la doppiezza, l’ipocrisia incommensurabile del bianco nelle sue false pretese di protezione e di emancipazione dell’afro-americano; agenzie sociali governative e private, chiese e missionari delle varie sette religiose, organizzazioni di carità pubbliche, ospedali, ricoveri, riformatori, scuole professionali, borse di studio, collegi, istituti tecnici, università esclusive per la razza negra vengono fondate, finanziate, mantenute esercite per uno scopo solo, evidente, palpabile, indiscutibile: di fare dei “good niggers.”” Dei buoni schiavi, degli ottimi schiavi quindi; la condiscendenza bianca secondo Dandi “è un “atteggiamento untuoso, oleoso, viscido, avviluppante di compassione mendace, di falsa pietà del cristianesimo dominatore che dice alla vittima agonizzante […]: queste frustate fanno più male a me che a voi! La condiscendenza è figlia primogenita della vanagloria e del potere; la ributtante quintessenza morale delle classi dominatrici

E un esempio calzante lo troviamo con il “caso” Cassibile.
Il 25 Luglio il comune di Siracusa smantella la “baraccapoli” dei migranti sorta nelle campagne di Cassibile Fontane Bianche (frazione della città aretusea).

Inizialmente il centro-destra aveva accolto positivamente la cosa.
Ma un paio di giorni dopo si scatenano le polemiche: dall’ex deputato regionale PDL (ora Alternativa Popolare) Vincenzo Vinciullo che chiede sul proprio profilo facebook quale baraccapoli abbiano sgomberato (facendo, al tempo stesso, propaganda sugli “extracomunitari infetti”) fino alla deputata nazionale di Fratelli d’Italia Carolina Varchi che presenta un’interrogazione parlamentare dove si paventa un conflitto d’interessi di Rita Gentile sul suo essere sia assessora del comune aretuseo che vicepresidente di AccoglieRete Onlus.

Il chiarimento di Gentile arriva il 13 Agosto: in un articolo apparso sul sito di “siracusaoggi”, l’assessora dichiara di essersi dimessa come vicepresidente e membra della suddetta Onlus.

Al di là delle beghe politiche partitiche – buone o per racimolare consensi e/o voti -, il problema dei migranti sgomberati rimane: allo stato attuale – inteso a livello di informazione pubblica – non si sa che fine abbiano fatto.
Non ci scandalizzerebbe, a differenza di come strombazzano Vinciullo e soci sui social e sul mainstream locale, se i migranti siano ritornati ad attendarsi nelle campagne siracusane.

Se la retorica del centro-destra si poggia sulla propaganda dei migranti infetti pronti a distruggere l’economia locale, dall’altra parte abbiamo un centro-sinistra che, finita la stagione della raccolta di verdure, ortaggi e mandorle, sgombera e sbandiera come una “vittoria” l’entrata di quelle associazioni vicine ad essa nel progetto FAMI (Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione) – che promuove una gestione legale di integrazione e rimpatrio integrata dei/delle migranti.

Il tutto sulla pelle di chi non ha voce in capitolo e/o viene considerato un parassita o essere inutile.

Pubblicato in Articoli, Locale | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Cronache razziste siciliane (Prima Parte)

Come i bielorussi sono arrivati a ribellarsi contro la dittatura

da Pramen

Se all’inizio del 2020 avessi chiesto alle persone in Bielorussia quanto tempo rimaneva alla dittatura di Lukashenko, ti avrebbero guardato come uno stupido.
In una dittatura di tutto rispetto, questo genere di domande non sono da fare, perché si sa cosa può accadere. E, in generale, accade così che il regno del grande leader diventi eterno.
Ma la situazione è cambiata così radicalmente negli ultimi 8 mesi che i bielorussi sono scesi in strada e, per la prima volta nella nuova storia della Bielorussia, hanno contrattaccato la polizia in almeno 33 città diverse del paese.
Oggi i bielorussi si sono svegliati in un paese nuovo. In esso, le persone parlano apertamente dell’odio per il governo e si preparano ad un confronto violento con polizia e lo Stato. Discutono online e praticano metodi di lotta efficaci. Diverse industrie sono entrate in sciopero il giorno dopo le elezioni.
E nonostante la commissione elettorale riporti ancora una volta la vittoria del dittatore, obiettivamente parlando Lukashenko ha perso le elezioni.
Non ha perso le elezioni contro un certo candidato, ma contro i bielorussi, che hanno detto che 26 anni sono abbastanza.
Com’è che la Bielorussia è passata dall’essere una dittatura stabile, dove vivono le persone più miti, all’essere un centro di protesta in Europa?

Crisi politica ed economica
Economicamente, la Bielorussia non è un paese indipendente.
Per molti anni, il miracolo economico bielorusso è stato capace di sopravvivere solo grazie al petrolio a basso costo di Putin e ai trasferimenti diretti di denaro dal Cremlino. Contrariamente al fatto che Lukashenko e Putin non siano amici, questo schema ha funzionato per un tempo relativamente lungo mentre la Russia sguazzava nei soldi provenienti dalla vendita del petrolio.
Con la caduta dei prezzi dell’oro nero, il governo russo ha affrontato il problema della distribuzione delle risorse. I funzionari hanno iniziato a cercare dove il denaro investito stesse fruttando un qualche tipo di risultato. La Bielorussia non ha dato alcun risultato speciale. Contrario a tutti gli investimenti, Lukashenko ha esteso la sua presa sul potere ed ha ostacolato l’integrazione bielorussa con la Russia – un processo iniziato negli anni ’90 durante l’era di Yeltsin
L’instabilità di Lukashenko negli scorsi 10 anni ha mostrato alle autorità russe che non possono fare troppo affidamento su di lui.
La “virata” ad Occidente nel 2015 ha gettato benzina sul fuoco della discordia tra Mosca e Minsk.
Agli inizi del 2020, Lukashenko si è ritrovato in una situazione molto difficile. I nuovi contratti per petrolio e gas erano diventati molto più difficili da concludere. Le autorità bielorusse volevano almeno delle minime concessioni, ma la Russia era pronta a dare tali concessioni solo all’attivazione di un progetto di unione statale, con una moneta condivisa ed altre clausole per l’assorbimento russo della Bielorussia.
Le difficoltà politiche con la Russia hanno tradizionalmente portato a problemi economici nel paese. Negli ultimi 5 anni Lukashenko ha cercato di neutralizzare questa dipendenza lavorando con l’Occidente, ma sovvenzioni e prestiti occidentali non possono da sole tirare l’economia bielorussa.
All’inizio del 2020, il rublo bielorusso ha iniziato a scendere pesantemente rispetto alle altre valute. Negli ultimi 20 anni, i bielorussi erano riusciti a sopravvivere a diverse ondate di questo tipo di caduta, tra cui la maggiore era avvenuta nel 2011.
La discesa del rublo bielorusso coinvolge molti bielorussi, incluso il calo dei loro guadagni reali. Inoltre sono cominciati a crescere i problemi con il pagamento dei salari nelle imprese statali.

Combattere il coronavirus con i trattori
Lukashenko ha spiegato che è a causa dei problemi economici che la Bielorussia non può permettersi nessuna misura di quarantena contro il coronavirus.
Se all’inizio dell’epidemia il dittatore stava ancora gridando che i bielorussi sarebbero stati in grado di evitare il contagio lavorando nei campi e visitando le saune, dopo un mese ha dovuto ammettere le vere ragioni per la mancanza della quarantena.
Il coronavirus si è dimostrato essere una delle sfide maggiori per la dittatura bielorussa – sfida che ha perso. Invece del tipico populismo e delle cure mediche per le persone, le autorità hanno lasciato la popolazione a sé stessa.
Le cure mediche in Bielorussia sono in teoria gratuite, ma molti servizi sono a pagamento, giacché non ci sono abbastanza fondi per i farmaci e le attrezzature mediche.
In molti casi non è stato possibile effettuare test per il coronavirus.
Molti non possono permettersi di stare a casa e sono andati a lavorare.
È difficile stabilire la reale portata dell’epidemia da coronavirus in Bielorussia. Lo Stato è l’unica istituzione ad avere cifre reali, e queste cifre sono tenute segrete. Oltre ciò, molti casi di coronavirus sono stati fatti passare per polmoniti – inclusi quelli mortali.
Al fine di mantenere le cure mediche, le piccole attività ed un grande numero di persone comuni si sono impegnate nel supportare in maniera decentralizzata lo staff medico.
Alcuni ristoranti e bar preparavano cibo per lo staff medico tramite le donazioni degli abitanti delle città.
Come in altri paesi, le iniziative dal basso producevano mascherine.
Gli autisti dei taxi trasportavano gratuitamente il personale medico.
Pochi mesi dopo, molte persone avevano la sensazione che lo Stato li avesse abbandonati.
Ma dall’altro lato c’era un certo senso di solidarietà, la certezza che i vicini, gli amici e persino gli estranei su internet non ti avrebbero lasciato nei guai.
Questo sentimento ha restituito ai bielorussi l’importanza del pubblico in opposizione allo Stato. La solidarietà è diventata una pratica diretta, non solo una parola.
E se in molti Paesi, che erano sotto l’effetto del coronavirus, hanno visto diminuire la solidarietà con l’abbassamento del numero dei contagiati, in Bielorussia le strutture di solidarietà hanno continuato a funzionare anche in altri ambiti.
Ad esempio, a Giugno, mezza Minsk non aveva accesso all’acqua potabile. E mentre i funzionari insistevano che non ci fosse alcun problema con l’acqua, i residenti di quei quartieri con l’acqua potabile si sono organizzati e l’hanno consegnata alle parti della città che ne avevano bisogno.
Così, uno dei risultati più importanti del coronavirus (e l’epidemia non è ancora terminata nel paese) è stata la crescente consapevolezza della forza collettiva ed i risultati che possono essere raggiunti tramite azioni congiunte.

Elezioni durante il virus
Per Lukashenko, la decisione di annunciare le elezioni nel bel mezzo dell’epidemia è stata un errore: agli inizi di Maggio, venne annunciato che le elezioni si sarebbero tenute ad Agosto.
Il momento di massima insoddisfazione con le autorità era stato scelto. Grazie a questo, la campagna elettorale dei suoi oppositori ha letteralmente iniziato a guadagnare un vasto supporto fin dai primissimi giorni.
Uno dei candidati presidenziali, il blogger Sergei Tikhanovsky, ha iniziato a tenere manifestazioni con microfono aperto nei luoghi di raccolta delle firme.
Questo formato ha attirato un enorme numero di persone da tutto il paese, a cui è stata data una piattaforma per esprimere il proprio malcontento.
Poche settimane dopo, Tikhanovsky stesso e molti altri ed importanti politici dell’opposizione sono stati arrestati ed accusati di casi criminali inverosimili.
Invece di estinguere le proteste ed il malcontento verso le autorità, la repressione ha provocato una maggiore organizzazione attorno ad un altro candidato – il banchiere di Belgazprombank (figlia di Gazprom) Viktor Babariko.
Al contrario di altri candidati, Babariko non era impegnato nella lotta politica e per molti sembrava un candidato “moderato” che chiamava a delle elezioni eque e che non ha pianificato manifestazioni illegali per il paese.
Contrariamente a ciò, la popolarità di Babariko è cresciuta anche nella parte più moderata della popolazione.
Il risultato è stato che le autorità hanno deciso di arrestare Babariko e la sua cerchia con accuse di corruzione. Questo passo ha provocato una nuova ondata di malcontento, la cui fase finale è stata l’annuncio che i due maggiori candidati dell’opposizione non sarebbero stati registrati nella corsa alla presidenza.
Questa decisione ha provocato grandi proteste in tutto il paese, con i primi scontri con la polizia a Minsk.
I manifestanti hanno respinto gli arresti e si sono resi conto che l’OMON era assolutamente impreparata ad un confronto violento con le persone.
Gli scontri con l’antisommossa a luglio di quest’anno sono stati per molti un punto di svolta nella società.
La dittatura che, per 26 anni era stata costruita in parte sulla sua indistruttibilità grazie al sostegno delle forze di sicurezza, è improvvisamente diventata estremamente fragile. I video della confusa polizia anti-sommossa dell’OMON hanno cominciato a circolare su internet, mostrando come non c’è bisogno di addestrarsi per tre anni in campi russi o europei per combattere la polizia.
Lukashenko non ha negato la registrazione come candidato ad un solo serio oppositore: la moglie di Sergei Tikhanovsky, Svetlana Tikhanovskaya.
Tikhanovskaya aveva originariamente in programma di candidarsi alla presidenza per dare una voce a suo marito e ad altri oppositori del regime. Ma dopo che la maggior parte dei politici era stata arrestata, è rimasta la sola candidata attorno a cui i votanti potessero unirsi.
Tikhanovskaya non è una politica e non sta cercando di diventarlo. La richiesta principale della sua intera campagna elettorale è avere nuove elezioni. Dice apertamente di non avere alcun piano e di non volere restare al potere. Dopo la vittoria a Lukashenko, ha pianificato di annunciare nuove elezioni eque, che avrebbero dovuto cambiare il paese.
Una richiesta così semplice ha unito molti gruppi politici. Attivisti dello staff dei politici incarcerati sono stati coinvolti nella sua sede elettorale.
La stessa campagna della Tikhanovskaya è stata fortemente basata sull’auto-organizzazione della popolazione in varie parti del paese.
Gli incontri con la candidata sono stati ufficialmente registrati in molti luoghi del paese dove la candidata stessa non aveva visitato.
C’erano invece un palco per i discorsi e il microfono aperto. Ancora una volta il microfono è stato raramente preso da politici di professione – che temevano rappresaglie -, ma dalla classe lavoratrice e da piccoli commercianti. In alcune città, anche gli anarchici hanno parlato dal palco.
La popolarità di Tikhanovskaya è cresciuta enormemente in appena poche settimane. A Luglio è riuscita ad organizzare una delle più grandi manifestazioni nella storia del paese – 50,000 persone a Minsk. In altre città, ha raccolto da diverse centinaia fino a 8000 persone. Per molto tempo le autorità non hanno preso alcuna misura ed hanno lasciato che le persone si radunassero. Forse ciò è dovuto al sessismo di Lukashenko, che non ha mai considerato le donne come serie oppositrici delle autorità.
Il vertice del team di Tikhanovskaya era composto da donne. Inoltre Tikhanovskaya è salita sul palco accompagnato da due coordinatrici della sua campagna.
Appena pochi giorni prima delle elezioni, le autorità improvvisamente sono rinsavite. Invece di vietare i raduni, la decisione è stata quella di giocare sporco – tutte le sedi dichiarate aperte alle manifestazioni hanno cominciato a ospitare eventi o riparazioni governative.
Il divieto di raduno ha provocato la successiva ondata di malcontento, ma nelle fasi attive della protesta non si è manifestata poiché mancavano pochi giorni alle elezioni.
Contemporaneamente, durante l’ultima settimana la polizia bielorussa ha iniziato ad arrestare apertamente i blogger. Tattiche simili non sono nuove e vengono usate dalle autorità da molti anni – prima di ogni protesta ci sono costantemente detenzioni di giornalisti e blogger, che possono dare copertura online a queste proteste.

Organizzazione terroristica “Anarchici”
Prima di procedere direttamente al giorno delle elezioni, vorrei fare una breve introduzione al movimento anarchico in Bielorussia.
Gli anarchici sono riapparsi nel paese dopo il collasso dell’Unione Sovietica.
Negli anni novanta, alcuni gruppi hanno dato un contributo significativo alla formazione del movimento operaio ed ambientalista.
Gli anarchici hanno giocato un ruolo di primo piano nell’estensione della moratoria sulla costruzione di una centrale nucleare bielorussa nel 1999 (nel 2009 gli anarchici e gli ambientalisti hanno perso la battaglia).
Durante tutto il periodo della dittatura, gli anarchici sono stati coinvolti negli eventi politici più importanti che fossero le nuove rielezioni, il movimento contro la costruzione di una centrale nucleare o le proteste contro le leggi sui parassiti.
Ed in buona parte dei casi, la popolazione ha percepito le proposte anarchiche in maniera molto positiva.
Forse, da qualche parte non l’hanno compresa appieno, ma l’hanno accettata
A partire dal 2013-2014, gli anarchici sono diventati quasi l’unica forza politica ancora impegnata nell’agitazione di strada. La maggior parte dei partiti d’opposizione ha smesso di  combattere attivamente contro la dittatura dopo il Maidan 2014 – per paura di un’occupazione russa. Oggi, alcuni politici d’opposizione sono ancora sulla posizione che è “Meglio Lukashenko che Putin”. Parte dell’opposizione è stata risucchiata dalla repressione. È stato molto più facile fare così, in quanto la repressione contro i leader avrebbe potuto fermare il movimento.
A causa del loro attivismo, gli anarchici attirano costantemente l’attenzione delle forze dell’ordine. Alcuni attivisti sono in carcere in questo momento per via di azioni simboliche, altri sono in fuga. Ci sono iniziative per aiutare i poveri e creare un mercato libero anti-capitalista. [1]
La repressione contro gli anarchici raramente produce il risultato sperato.
I media dell’opposizione parlano degli anarchici, attirando nuova attenzione ed energia al movimento.
Oggi, la popolarità degli anarchici in diversi circoli giovanili è abbastanza alta, grazie al fatto che, a parte gli anarchici, non sono rimasti altri movimenti politici.

Ri-elezioni
Persino prima dell’inizio della campagna elettorale, molte persone si aspettavano grandi proteste in Bielorussia, precisamente a causa della crisi economica e del coronavirus. Era logico che molti concentrassero i loro sforzi di protesta nel giorno delle elezioni e nei giorni seguenti.
Ad esempio, le grandi piattaforme mediatiche sui socialnetwork e gruppi su telegram hanno chiamato, diverse settimane prima delle elezioni, alle proteste durante il giorno delle elezioni stesse.
Sia i manifestanti che le autorità erano preparati per queste elezioni. C’erano immagini di equipaggiamenti militari e di polizia su Internet. Lukashenko aveva partecipato ai corsi di addestramento dell’antisommossa per disperdere le proteste. Era chiaro che le autorità non avrebbero provato a cercare di ridurre il grado di malcontento, ma avrebbero reagito con forza contro la popolazione.
Non deve sorprendere che la sera del 9 agosto migliaia di persone sono scese in strada in tutto il paese. Facendo riferimento anche solo ai report delle autorità stesse, le manifestazioni si sono tenute simultaneamente in 33 città del paese. Più di 50,000 persone hanno partecipato a queste proteste. Le manifestazioni più grandi si sono tenute a Brest, Baranavichy e Minsk. Diverse centinaia di persone sono scese in strada in altri centri regionali.
Per resistere ai dimostranti a Minsk, sono state richiamate da tutto il paese le truppe interne e la polizia. Il giorno prima delle elezioni, le colonne di automezzi si sono spostate dalle regioni a Minsk. Il giorno delle elezioni, la città era isolata. Autobus senza targhe giravano per la città e arrestavano pedoni o giornalisti presi casualmente. L’accesso ad Internet è stato interrotto o ha subito pesanti restrizioni in tutto il paese.
Arrivati a sera, la situazione era radicalmente cambiata. Folle di persone avevano iniziato a scendere in strada e si muovevano verso il centro. La stessa situazione era osservabile in città più piccole del paese. Verso sera, erano iniziati i primi scontri con l’OMON, in quanto le persone avevano cercato di liberare i detenuti. L’antisommossa aveva iniziato a girare per la città, con semplici magliette ed armate di bastoni, senza alcuna uniforme speciale. Gli attacchi contro l’OMON hanno rapidamente messo in chiaro che la situazione, quel giorno, non sarebbe stata normale, con persone tirate fuori dalla folla e semplicemente detenute.
Appena un’ora dopo i primi scontri, il centro di Minsk ha cominciato a ricordare una zona di combattimento. Granate stordenti ceche, cannoni ad acqua canadesi, MAZ bielorussi – tutti  hanno lavorato per disperdere i manifestanti. Per la prima volta nella storia del paese, le persone hanno cominciato ad erigere barricate e a scontrarsi direttamente con le forze dell’ordine. In varie parti del paese un grosso numero di persone sono state liberate dalle mani delle forze dell’ordine durante la notte.
La solidarietà durante le proteste ha mostrato nuovamente l’incredibile potere dell’opposizione collettiva nei confronti della dittatura. La folla ha paralizzato qualunque azione dell’OMON e dell’esercito, contrariamente a tutti i preparativi.
La mancanza di Internet ha solo giocato a sfavore del regime – le persone sono scese in strada per scoprire cosa stesse succedendo.
Per due ore nel centro di Minsk e in altre città le persone hanno lottato contro le autorità bielorusse. Hanno lottato con grande energia, che aveva tenuto da parte per così tanti anni. Il confronto vittorioso ha mostrato ancora una volta la fragilità della dittatura bielorussa.
Lo stesso movimento oggi non è formato dai partiti politici tradizionali che guidano i bielorussi verso un futuro luminoso. Le proteste sono organizzate attraverso le piattaforme online e non ha leader ben chiari. Le persone si riuniscono in gruppi nelle strade e decidono cosa fare. La mancanza di un piano chiaro può ostacolare l’efficacia delle proteste, ma la mancanza di leader chiari le rende impossibili da sopprimere facilmente.
La repressione dell’ultima notte è stata brutale. Ci sono state così tante vittime. In preda alla rabbia, l’antisommossa ha lanciato granate stordenti addosso alle persone. Si è verificato almeno un caso di un truck della polizia lanciatosi sulla folla al centro di Minsk, causando la morte di un uomo.
Secondo gli attivisti per i diritti umani, almeno tre persone sono state uccise dal regime quella notte. Il primo sangue è stato versato, ma le persone non hanno intenzione di fermarsi. Il piano è di scendere in strada ogni sera alle 19:00 fino alla caduta della dittatura.
Sui principali canali telegram ci sono chiamate alla democrazia diretta nel paese.
E sebbene alcuni temono che queste chiamate esistano a causa di un malinteso riguardo il concetto stesso di democrazia diretta, la Bielorussia si è ribellata e molti chiedono la fine della dittatura e l’inizio dell’era della democrazia diretta.

Nota del traduttore
[1] Nell’originale si parla di “anti-capitalist freemarket”. Visto che si parla di teorie e pratiche anarchiche è logico pensare che ci si riferisca al “freemarket anarchism” e, in particolare, al “Really Really Free Market”, una teoria e prassi basata su un’alternativa alle relazioni di mercato esistenti, riducendo il livello di consumo inconscio e di organizzare lo scambio, attraverso il dono, di merci e conoscenze.
Per conoscenza si allegano i seguenti link in russo e in inglese:
https://crimethinc.com/2007/10/27/the-really-really-free-market-instituting-the-gift-economy
https://www.facebook.com/reallyfreemarketminsk/
Evento tenutosi a Minsk nel Marzo 2019: https://greenbelarus.info/articles/19-03-2019/besplatnaya-yarmarka-really-free-market-proshla-v-minske-video

Pubblicato in Articoli, Internazionale | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Come i bielorussi sono arrivati a ribellarsi contro la dittatura

BRASILE: TU MUORI, LORO VIVONO

La morte per infarto di Manoel Moisés Cavalcante, dipendente di un supermercato Carrefour Brasil a Recife, ha scatenato vive proteste per la copertura del corpo senza vita dell’uomo con degli ombrelloni e, soprattutto, per non aver chiuso la struttura.
In una nota ufficiale, Carrefour “si scusa per la forma inadeguata con cui ha affrontato la triste e inaspettata morte del signor Moisés, vittima di un infarto, nel negozio di Recife (PE). La società ha sbagliato a non chiudere il negozio subito dopo quanto accaduto in attesa del servizio funebre e non ha trovato il modo corretto per proteggere il corpo del signor Moisés. Ribadiamo che, non appena il promotore ha iniziato a sentirsi male, abbiamo fatto i primi soccorsi e attivato il SAMU, seguendo tutti i protocolli per effettuare rapidamente il soccorso. Dopo la morte, abbiamo seguito l’istruzione di non rimuovere il corpo dal luogo.
Carrefour ribadisce inoltre di aver modificato le linee guida per i dipendenti in situazioni rare come questa – inclusa la chiusura obbligatoria del negozio -, al fine di portare più sensibilità e rispetto quando avvengono incidenti mortali. Continueremo a contattare la famiglia del signor Moisés per sostenerli in tutto ciò che è necessario e siamo solidali in un momento tanto difficile.
” [1]
La morte di Moisés, insieme alle proteste da parte dei lavoratori e delle lavoratrici del “Carrefour Soluções Financeiras” (braccio finanziario di Carrefour in Brasile) [2], potrebbe risultare un problema di immagine per la dirigenza di Carrefour Brasile.
Difendere e mantenere l’immagine “friendly” per un’azienda che, stando alla sua “Informações contábeis intermediárias individuais e consolidadas” del Giugno 2020, ha fatturato 17 miliardi di real brasiliani (pari a 2,5 miliardi di euro) nel secondo trimestre di quest’anno – con una crescita del 18,3% rispetto allo stesso periodo nel 2019 [3] -, è fondamentale, specie se vi sono in corso investimenti strategici sul territorio brasiliano.
Uno dei maggiori investimenti in corso della multinazionale francese sarà l’acquisizione di 30 Cash&Carry da Makro [4] per 1,95 miliardi di real brasiliani (pari a 294 milioni di euro) dopo l’eventuale approvazione dall’antitrust brasiliano – ovvero il Conselho Administrativo de Defesa Economica (CADE).
Per Alexander Bompard, presidente del Consiglio di Amministrazione e Amministratore Delegato di Carrefour, questa transazione sarà “il movimento più importante del Gruppo Carrefour in Brasile dall’acquisizione di Atacadão nel 2007”, sottolineando come il Brasile, oggi giorno, sia il secondo mercato del Gruppo dopo la Francia. [5]
E dello stesso tenore è l’amministratore delegato del gruppo Carrefour Brasil, Noël Prioux: “Con questa acquisizione, Atacadão rafforzerà la sua presenza geografica e consoliderà ulteriormente la sua presenza nazionale. Questa acquisizione, insieme al nostro ritmo di crescita organica […] rappresenterà un’accelerazione equivalente a un anno e mezzo di espansione, segnando un passo importante per il Gruppo Carrefour Brasil.” [5]
In un paese che sta attraversando una crisi sanitaria senza precedenti e la disoccupazione galoppa di mese in mese [6], gli investimenti stranieri come quello di Carrefour sono un’ancora di salvezza per mantenere in vita tutto l’apparato capitalistico e burocratico locale.

Note
[1] Link: https://www.diariodepernambuco.com.br/noticia/vidaurbana/2020/08/carrefour-pede-desculpas-e-diz-que-errou-em-deixar-corpo-de-funcionari.html
[2] Link: https://spbancarios.com.br/08/2020/sindicato-protesta-contra-demissoes-do-banco-carrefour-durante-crise-do-coronavirus
[3] Pag. 3 Link: https://www.grupocarrefourbrasil.com.br/wp-content/uploads/sites/174/2020/07/Grupo-Carrefour-Brasil-Demonstra%C3%A7%C3%B5es-Financeiras-30.06.2020.pdf
[4] Pag. 6 Link: https://www.carrefour.com/sites/default/files/2020-07/Communiqu%C3%A9%20Carrefour%20H1%202020_ENG%20-%2028%2007%202020_0.pdf
[5] Link: https://www.jornaldocomercio.com/_conteudo/economia/2020/02/725439-carrefour-anuncia-aquisicao-de-30-lojas-do-makro.html
[6] Stando all’Instituto Brasileiro de Geografia e Estatìstica, il tasso di disoccupazione trimestrale è aumentato del 13,3%, raggiungendo la cifra di 12,8 milioni di persone disoccupate.
Pag. 4 Link: https://biblioteca.ibge.gov.br/visualizacao/periodicos/3086/pnacm_2020_jun.pdf

Pubblicato in Articoli, Internazionale | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su BRASILE: TU MUORI, LORO VIVONO

AGGIORNAMENTO DA ABC-BELARUS: Comunicato dell’Anarchist Black Cross Belarus sulla vicenda di Alexander Frantskevich

“E’ stato reso noto che Alexander Frantskevich è stato arrestato a Minks con Akihiro Hanoda. Secondo i suoi compagni, è stato accusato sulla base dell’articolo 293, parte 1 del Codice Criminale “Rivolte di massa”.

Lo abbiamo supportato durante il suo arresto dal 2010 al 2014 e proprio adesso la situazione è cambiata.

ABC-Belarus non continuerà a supportare Alexander Frantskevich a causa dei suoi reiterati tentativi di influenzare altru membru del movimento anarchico bielorusso e ucraino con l’uso della violenza diretta. E’ stato anche ripetutamente scoperto colpevole di aver provato a ingannare i suoi stessi compagni, anche cercando di raggirarli sulla questione delle finanze collettive. Comprendiamo perfettamente che le accuse contro di lui siano molto serie. Ci sono già abbastanza organizzazioni sui diritti umani in Bielorussia che possono aiutare Alexander.”

Di seguito vi è la posizione di ABC-Belarus sulle violenze di Frantskevich:
“Stand of ABC-Belarus on violence in the movement”
Link: https://abc-belarus.org/?p=10992&lang=en

Pubblicato in Articoli, Internazionale | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su AGGIORNAMENTO DA ABC-BELARUS: Comunicato dell’Anarchist Black Cross Belarus sulla vicenda di Alexander Frantskevich